Gen 22 2007
Patti Civili di Solidarietà
Intervento in Aula dell’On. AURELIO MISITI
Signor Presidente, signor ministro, cari colleghi, credo che il dibattito sui patti civili di solidarietà avviato oggi durerà a lungo, in quest’aula, e nell’aula del Senato, perché tocca un tema molto delicato, che ha bisogno di riflessione. Esso è inoltre un tema che è facile ideologizzare e strumentalizzare.
Credo che occorra essere molto laici, tutti, nell’affrontare questo tema, partendo dalle proprie convinzioni e tentando in ogni modo, attraverso il dibattito, attraverso l’approfondimento, di arrivare a risultanze molto vicine, sia nella maggioranza che nell’opposizione. Le divisioni infatti ci sono in tutti gli schieramenti, all’interno dei singoli schieramenti, e su questo non vi è dubbio.
È stato positivo però che il Governo si sia impegnato a presentare un provvedimento, che dovrà essere un disegno di legge aperto, non blindato, in grado di consentire di approvare degli emendamenti, delle modifiche, degli aggiustamenti, per arrivare ad un risultato che possa rispondere agli interessi generale del paese.
Ci sono recenti sentenze della suprema Corte di cassazione che sollecitano il legislatore ad intervenire in questa complessa e delicata materia e che impongono alla politica di mettere in agenda una serena e approfondita discussione.
Già nella precedente legislatura, nella Commissione giustizia, si era arrivati ad una definizione dei cosiddetti patti civili di solidarietà, che dovevano essere semplicemente contratti sottoscritti tra adulti di sesso diverso, o dello stesso sesso, al fine di dare una veste giuridica a quei rapporti basati su convivenze di fatto stabili e durature, e regolamentarne gli altri aspetti conseguenziali, l’assistenza e i profili contributivi, le aspettative ereditarie, gli altri diritti e interessi che dovrebbero riguardare una coppia.
Ci sono stati altri Stati che hanno già regolamentato, hanno optato per la scelta di regolamentare questi rapporti, come la Francia, la Germania, l’Olanda, la Svizzera, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Altre nazioni non lo hanno fatto. È necessario precisare che attraverso queste scelte politico-sociali non deve essere messo in discussione l’istituto del matrimonio,
inteso come rito civile, né il sacramento, né tanto meno la famiglia, che rappresenta un valore fondamentale, il pilastro su cui ruota la nostra società civile. C’è però una sostanziale differenza fra regolamentare il matrimonio tra coppie omosessuali e riconoscerne alcuni diritti fondamentali, come l’assistenza ospedaliera, il diritto di successione e tanti altri diritti che oggi sono loro negati, e che riguardano tutte le coppie di fatto, sia estero che omosessuali.
I patti sono uno strumento che riconosce alcuni diritti, che non vanno contro i principi della Chiesa cattolica. Anzi, un buon cattolico dovrebbe cercare prima di tutto di affrontare questi problemi, che riguardano l’unione tra due persone retta dall’amore. Come al solito, la questione purtroppo viene risolta all’italiana: per cui una coppia gay, che vuole avere alcuni diritti riconosciuti, si ritrova ad aggirare la legge, usando altri strumenti, come ad esempio l’adozione di uno dei due soggetti. È per questo che evidentemente è necessario intervenire.
Il Parlamento può giungere, nella sua autonomia, attraverso un dialogo sulla vita e un confronto sulla realtà della famiglia, a portare chiarezza e ad evitare fratture, come peraltro indica un intervento del Presidente Napolitano, proprio in occasione del primo discorso di fine anno, riconoscendo al Parlamento un ruolo cardine per il confronto sui temi oggi in questione. È nostra responsabilità adoperarci per un confronto pacato, che riservi il giusto tempo a questa riflessione, onde evitare soluzioni pasticciate, figlie della fretta e dell’improvvisazione. Il tema della famiglia sta a cuore trasversalmente a tutti i settori di questo Parlamento. In tale direzione credo che sarà assolutamente utile questa nostra discussione, perché può superare pregiudizi anche ideologici, che finora hanno dominato le discussioni sulla stampa e sui media, e può portare all’introduzione di tutele personali dei componenti dell’unione di fatto, che non siano già contemplate dall’ordinamento vigente.
È vero che oggi nessuno nella nostra società pensa male o comunque ha pregiudizi verso gli omosessuali – sono pochissimi coloro che hanno questi pregiudizi -, però certamente vi è un’opposizione ad un’equiparazione totale tra il matrimonio, quello su cui si fonda la nostra società, e l’unione di fatto tra due persone, che evidentemente genera questo rigetto anche nell’opinione pubblica. I partiti del centrosinistra dell’Unione si sono impegnati nel programma e si impegnano a sostenere il diritto di ogni persona a scegliere il proprio percorso di vita e il ruolo delle famiglie come un luogo di esercizio delle solidarietà intergenerazionali, della cura e della tutela del benessere dei figli e degli affetti. Quindi, è evidente che, pur essendoci una dizione generica nel programma dell’Unione, il tema del riconoscimento giuridico dei diritti, delle prerogative e delle facoltà delle persone che fanno parte delle unioni di fatto è un tema fondamentale, sul quale si effettuano delle scelte di fondo, come risulta dallo stesso testo del programma dell’Unione.
Infine noi vogliamo ringraziare il ministro Bindi, che con tanta energia e chiarezza ha impostato questo problema, contraddicendo anche tradizioni di parte del centro e soprattutto di correnti ideali che spesso fanno capo a quel cattolicesimo che pensa di mettere la testa sotto la sabbia. Noi siamo per alzare la testa, per affrontare il problema: forse attraverso il dibattito si potranno chiarire meglio i contrasti, e superarli, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra. Si tratterà quindi certamente di un disegno di legge governativo, ma questo dovrà essere oggetto non solo di discussione, ma anche di possibilità di cambiamento, anche perché secondo il mio punto di vista le mozioni oggi al nostro esame contengono tutte, indistintamente tutte, del buono, anche se certamente alcune questioni soffrono di un’ideologizzazione della discussione, che finora è avvenuta nel paese.
di Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
www.aureliomisiti.it
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