Mag 20 2008
Grandi Opere, il ritardo si puo’ eliminare
Gazzetta del Sud
Ho partecipato alla trasmissione Exit di La 7 credendo di trovarmi in un luogo dove poter chiarire ai telespettatori le difficoltà e gli errori dell’Italia nella realizzazione di nuove infrastrutture e di come superare le difficoltà ed evitare gli errori. Mi sono trovato invece in un “girone infernale”, abitato da persone che con le infrastrutture non avevano nulla a che fare e non per questo si astenevano dal dispensare giudizi e sentenze descrivendo un paese alla “deriva”, che è lontano anni luce dalla vera Italia.
Non c’è dubbio che in Italia viggono leggi e regole che vanno semplificate o cambiate, che i tempi e le procedure non sono un esempio di brevità e di snellezza ma da questo a dire che tutto va male ci vuole una buona dose di profondo pessimismo, che sfiora l’autolesionismo.
Le procedure sono farraginose, i tempi non sono rispettati, i costi sono altissimi? Vediamo di chiarire ciò che non è stato possibile in trasmissione. Prendiamo il caso delle grandi infrastrutture viarie e ferroviarie. Molti dimenticano che una cultura pseudoambientalista ha portato l’Italia a dotarsi di una legge dello Stato del 1975 che escludeva la costruzione di nuove autostrade; dimenticando anche di dire che il tentativo di riprendere il cammino negli anni ’90 fu interrotto da Tangentopoli. La decisione di “allargare” la SA-RC, anche se è stata scelta una soluzione difficile e dispendiosa, ha segnato il superamento della norma sciagurata del ’75.
Sempre quella pseudo-cultura ambientalista però ha indotto il Governo di allora a non realizzare l’autostrada su un nuovo tracciato, come i tecnici suggerivano, con conseguenze disastrose per l’economia meridionale. Finalmente, grazie all’impegno di due ministri come Pietro Lunardi e Antonio Di Pietro, si può dire che la conclusione dei lavori si avvicina. Un altro episodio significativo è quello della costruzione della variante di valico tra Emilia e Toscana, che oggi, sempre per merito dei due ministri, sta per essere completata. L’ammodernamento delle ferrovie è un altro capitolo travagliato della recente storia d’Italia. Necci si inventa il “General Contractor” ancor prima della legge obiettivo e si parte. Egli viene arrestato e le ferrovie sono consegnate a Cimoli, pagato sei volte di più, tuttavia la galleria dell’Appennino tosco-emiliano rappresenta l’opera sotterranea più grande e più difficile del mondo intero.
È vero quindi che c’è ritardo nella realizzazione delle grandi opere, ma il ritardo si può eliminare semplificando la legislazione. Qualcuno ha ricordato i costi a Km delle nuove ferrovie sono più elevati in Italia rispetto al resto d’Europa, senza tener conto che la comparazione avviene tra due oggetti diversi. In Italia il costo comprende un’opera formata da gallerie e viadotti o ponti, da opere accessorie e soprattutto opere locali di cosiddetta “mitigazione”, che vanno dagli asili nido ai campi sportivi, agli acquedotti, alle linee elettriche e a tante altre opere di interesse locale. Tutto questo è dovuto ai poteri di veto di tutti gli Enti locali, che grazie all’evento, risolvono problemi altrimenti irrisolvibili. Negli altri paesi, a parte la nostra orografia diversa da quella pianeggiante degli altri paesi, il costo dell’opera è riferito solo alla infrastruttura. Pertanto non ci si può lamentare sempre e nei fatti schierarsi con i portatori dei veti. Oggi invece tutti dobbiamo adoperarci per consentire all’Italia di andare avanti e dimostrare al mondo i suoi primati, superando una volta per sempre l’atteggiamento autolesionista di chi va predicando che “l’è tutto da rifare”.
On. Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
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