Set 11 2007
Alitalia, trovare soluzioni non ambigue seguendo le ferree leggi del mercato
C’è il rischio di divenire il ramo regionale di una delle compagnie europee più forti
Gazzetta del Sud
La storia della nostra Compagnia di bandiera ALITALIA affonda le sue radici nelle ceneri della sconfitta nella seconda guerra mondiale. Nel nostro Paese, tra le due guerre , lo sviluppo della scienza e della tecnologia aeronautiche aveva preparato le basi culturali al settore grazie al lavoro di scienziati e tecnici di altissimo valore internazionale. La Scuola di ingegneria aeronautica oggi aerospaziale di Roma ha avuto tra i propri docenti i proff. Gaetano e Luigi Crocco e più recentemente Luigi Broglio, mentre a Napoli insegnava e operava il prof. Umberto Nobile. Essi hanno tracciato il solco profondo del volo moderno, attraverso risultati utilizzati (formula di Crocco e la bilancia di Broglio) in USA e nel mondo per il progresso dell’aeronautica e della scienza spaziale. Un tale background, nel secondo dopoguerra, ha consentito all’Italia di avere nove società aeree in grado di svolgere il servizio di linea tra l’Italia e le Americhe, in particolare l’America meridionale, con uno scalo tecnico nell’“Isola del sale, in pieno Oceano Atlantico”.
Solo gli Usa riuscivano a fornire servizi simili.
Parallelamente nel campo aerospaziale, per merito del gruppo Broglio, siamo stati a lungo l’unico paese che, per soli fini pacifici, eravamo in grado di lanciare missili con satelliti scientifici da una piattaforma mobile, posta a Malindi in Kenia, dei cui risultati hanno beneficiato i Paesi più avanzati, compresi gli Americani e i Sovietici.
Negli ultimi trent’ anni si è però verificata una deriva, che ha coinvolto e travolto due settori essenziali della civiltà moderna, riducendo quello spaziale a modeste, seppure importanti, società di supporto all’Ente Spaziale Europeo e Americano nonchè all’addestramento di qualche astronauta, mentre quello aereo ad una Compagnia di medie dimensioni.
Infatti, fino agli anni ottanta, i nostri piloti e i nostri aerei appartenevano ad una prestigiosa Compagnia l’Alitalia, erede delle nove precedenti società, apprezzata per la serietà e la preparazione del suo personale. Occupava la 5ª o la 6ª posizione nel mondo e si confrontava alla pari e spesso dall’alto con le compagnie di bandiera di Germania, Francia e Inghilterra.
Oggi l’Alitalia è una media Compagnia, dalle dimensioni di quelle di paesi come il Portogallo e la Grecia. Perché?
La causa principale va ricercata nella mancanza di orgoglio nazionale della nostra classe dirigente, a partire dagli anni ottanta. l’Italia si è trovata impreparata ad affrontare una privatizzazione imposta dall’Europa senza premunirsi con un rafforzamento preventivo della sua Compagnia di bandiera.
I francesi, invece, prima di privatizzare hanno immesso nella Compagnia l’equivalente di 10 miliardi di euro, hanno scelto come unico hub l’aeroporto Charles de Gaulle, destinando Haurly totalmente ai voli interni e di oltremare. British e Lufthansa hanno fatto altrettanto.
L’Italia invece non ha programmato nulla e ha subìto i dictat di un Kynnok, ex consulente British, impegnato a ridimensionare Alitalia, imponendo la messa a terra di 20 aeromobili, impedendo di attingere a fondi pubblici se non per sopravvivere. Il Governo italiano ha accettato di ampliare Malpensa senza pretendere la chiusura agli stranieri di Linate.
Coloro che oggi pensano di risolvere il problema con il campanilismo di Roma o Milano continuano imperterriti a commettere lo stesso errore.
Italia, Germania, Francia e Inghilterra hanno un mercato di passeggeri e merci molto simile eppure i passeggeri e le merci che passano per gli aeroporti di Parigi, Francoforte o Londra sono almeno il doppio di quelli dell’insieme Malpensa-Fiumicino.
Cosa volete che importi al passeggero di Verona, di Torino o di Milano se parte da Linate o da Caselle per Parigi, Francoforte o Londra; perchè dovrebbe prendere Alitalia e recarsi a Malpensa? egli sceglie Air France, Lufthansa o British che possono usare Linate e gli altri aeroporti padani. Il problema quindi è molto complesso .
Molti ritengono che nel prossimo ventennio Stati Uniti, Europa e Asia avranno solo due o tre compagnie internazionali ciascuno.
Allo stato non c’è scampo, diverremo un ramo regionale di una delle due o tre compagnie europee; a meno che non recuperiamo in fretta, come siamo abituati a fare.
on. Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
www.aureliomisiti.it
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