L’On. Misiti interviene sui gravissimi fatti di Rosarno
Il Commento Gazzetta del Sud 11 Gennaio 2010
DOPO LA TEMPESTA NON TORNI IL SILENZIO SUI PROBLEMI DELLA CALABRIA
Superato il momento drammatico della rivolta, dapprima dei migranti e poi, con la stessa veemenza, dei rosarnesi, grazie all’intervento moderato e molto professionale delle forze dell’ordine, senza il quale ci sarebbe potuto scappare anche il morto o i morti, si può fare una breve riflessione fuori dagli schemi sociologici che in questi giorni illustri “maestri” si sono prodigati a esternare sui media locali e nazionali.
Quattro punti sono a nostro parere da mettere in primo piano: il primo è certamente di carattere generale. L’agenda italiana, non solo della politica, sono anni che non prevede nulla di buono per il Mezzogiorno, prevede anzi il silenzio. Del Mezzogiorno si parla soltanto dopo avvenimenti drammatici o dolorosi, come quello di Rosarno, di Termini Imerese, della bomba di Reggio Calabria e di qualche errore sanitario che, per quanto dolorosissimo e angosciante, statisticamente purtroppo si trova nella media nazionale.
Si fa a gara, anche in queste ore, da parte di politici, giornali, sindacati, a rivendicare la primogenitura della denuncia di queste situazioni di crisi. In realtà di Termini Imerese si è preso atto di una condizione ormai ingestibile dell’azienda soltanto dopo la decisione, netta e irrevocabile, della Fiat di chiudere. Lo stesso è successo a Reggio Calabria, dopo l’esplosione della bomba presso la Procura Generale o nella piana di Gioia Tauro, dopo che le tensioni di Rosarno erano state già illustrate con dovizia di particolari dalla televisione pubblica.
Il secondo punto riguarda il rapporto tra malavita organizzata, società civile della Piana e presenza dei migranti. È vero che i migranti, ma non solo dell’Africa, vengono pagati con un salario di fame. 25 euro rappresentano in Calabria un minimo per la sopravvivenza, mentre i poveri migranti si privano di una grossa parte dello stesso salario per inviarlo alle famiglie di origine. È anche vero che la merce trattata è costituita da agrumi, il cui prezzo alla produzione risulta cinquanta volte inferiore rispetto a quello praticato sul mercato nazionale, soprattutto nelle grandi città. Inoltre, data la parcellizzazione delle proprietà agricole, il piccolo proprietario non può però essere considerato uno sfruttatore. Spesso i proprietari di piccoli appezzamenti sono costretti a vendere per una miseria, 2/3 centesimi al chilo, il proprio prodotto a coloro che ricostituiscono di fatto il feudo e che sono gli unici in grado, per la loro organizzazione, di raccogliere il frutto producendo un forte guadagno. È lì che si annida la sopraffazione e anche lo sfruttamento. Ed è ovvio pertanto che senza una politica corretta per un’agricoltura sana, per un credito serio e non usuraio, il mercato che si realizza non può che essere dominato da queste organizzazioni in cui si infiltra quasi sempre la criminalità organizzata. L’abbandono politico e sociale del Mezzogiorno è la causa principale di tutto questo.
In tale contesto si inserisce la situazione oggettiva delle forze dell’ordine e della magistratura, che hanno dovuto attendere una brutale “sollecitazione” malavitosa per ottenere risposte alle proprie domande. I ministri Maroni e Alfano solo ora hanno capito che a Reggio era necessario inviare decine di nuovi poliziotti e molti magistrati. Anche su questo la politica, la maggioranza, le opposizioni, in parte gli stessi sindacati, hanno le loro responsabilità.
Infine va tenuta presente la situazione oggettiva della Regione di oggi. Dopo lo sgomento e la stasi conseguenti all’omicidio Fortugno la Calabria ha fatto passi avanti, ha recepito il meglio della società. Molti comuni si sono prodigati nell’accogliere i migranti. Gli stessi cittadini di Rosarno hanno sempre accolto bene e integrato intere comunità, come quella dei Rom. Tali esempi hanno suggerito alla Regione Calabria una legge sull’immigrazione, di gran lunga più moderna di ogni altra approvata in Italia. Nonostante questa esemplare iniziativa non si è diffusa in tutte le comunità la linea della comprensione, dell’assistenza e della ricerca della convivenza.
Noi ci batteremo per la diffusione di questa cultura al fine di creare una nuova politica nazionale per il Mezzogiorno che sia finalizzata alla soluzione di questi problemi, che in futuro si presenteranno ancora.
Riteniamo giusto il richiamo della Chiesa, di alcuni uomini politici illuminati e del Governatore della Banca d’Italia, secondo i quali, senza lo sviluppo del Mezzogiorno, che si avrà superando la politica assistenziale, la nazione italiana è destinata a collocarsi nella seconda fascia tra gli stati europei.
Respingiamo con forza la posizione di chi mette in contrapposizione la reazione dei migranti a Rosarno contro la malavita e la presunta scarsa attitudine dei calabresi a combattere a viso aperto la mafia. Siamo convinti che i migranti sono esplosi a causa della condizione inumana della loro esistenza e siamo altrettanto consapevoli che la parte sana dei calabresi da anni si batte contro la violenza della malavita organizzata.
I buoni rosarnesi e in generale i calabresi vanno incoraggiati e sostenuti e quindi lo Stato e la Regione si devono fare carico immediatamente di creare le condizioni affinché nella piana di Gioia Tauro possa essere sconfitta definitivamente la mafia e possano realizzarsi definitivamente le condizioni per la rinascita sociale e lo sviluppo del territorio.
Occorrono perciò interventi strutturali, non discriminanti, per i cittadini di questo territorio.
On. Aurelio Misiti
Presidente ProCalabria