Editoriali

Mag 10 2010

Osservatorio del 10 maggio 2010

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FERROVIE DELLO STATO E MEZZOGIORNO

L’On. Foti e i consiglieri regionali Candeloro Imbalzano e Giovanni Nucera hanno elevato una vibrata protesta contro le Ferrovie dello Stato, rei di aver tagliato molti treni in Calabria. Essi, per rendere più credibile la loro azione, hanno minacciato di chiamare in causa il ministro Matteoli al fine di costringere le Ferrovie dello Stato a cambiare strategia sulla Regione.
Lo sa bene l’opposizione in Parlamento che, ricorrere o scrivere al ministro Matteoli, risulta essere soltanto una esercitazione letteraria, perché la risposta che egli è in grado di dare viene sempre preparata dagli uffici delle Ferrovie, i quali informano quelli del Ministero delle loro decisioni insindacabili, essendo rappresentanti di una Spa, anche se pubblica.
Matteoli infatti si presenta normalmente in Parlamento, per rispondere alle nostre interrogazioni sull’argomento, leggendo il compitino così preparato.
Per evitare che queste lodevoli iniziative e quelle dei sindacati vengano scambiate per mera propaganda, occorre darsi una nuova strategia comune sul futuro delle Ferrovie. Il governo e i partiti di maggioranza, di cui fanno parte gli amici Foti, Imbalzano e Nucera, dovrebbero accogliere le nostre proposte e procedere:
–         allo scorporo di Rete Ferroviaria Italiana e di Trenitalia dalla holding Ferrovie dello Stato, riducendo quest’ultima a semplice società di servizi;
–         alla progettazione e realizzazione della linea del Treno ad alta Velocità da Salerno a Palermo, rendendo omogeneo il Sud al resto del Paese.
Solo questo consentirà, al di là dei conti dell’azienda ferroviaria, le cui entrate provengono da Nord e da Sud, a porre rimedio al ritardo storico che punisce la parte più debole dei cittadini italiani.
Per avviare questa nuova politica meridionalista sulle infrastrutture occorre che tutte le forze politiche e sociali, al di là delle pur rispettabili divisioni culturali e partitiche, parlino lo stesso linguaggio e siano uniti finalmente per una battaglia di civiltà.

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Mag 10 2010

Osservatorio del 9 maggio 2010

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IL FEDERALISMO COME PANACEA?

Nelle giornate turbolente delle finanze mondiali, che vedono il crollo delle borse e l’assalto alla moneta unica, prosegue la litania del ministro leghista Calderoli che afferma, senza dimostrazione alcuna, che il suo federalismo salverà l’Italia. Si preoccupa addirittura per l’unità del Paese, affermando che senza il federalismo l’Italia è destinata a spaccarsi in due. Beato lui che riesce a prevedere il futuro, noi invece ragioniamo sulle cose concrete del presente.
Il federalismo è una legge dello Stato che va applicata. Molti di noi meridionali hanno votato a favore del disegno di legge del governo, ma per ragioni forse opposte a quelle della Lega. Oggi però i nodi vengono al pettine attraverso i decreti attuativi, che trattano di cose concrete.
Prendiamo ad esempio il trasferimento dei beni demaniali alle regioni. I dati sono spietati e danno la dimostrazione piena della disparità degli investimenti tra nord e sud nei 150 anni di unità nazionale. Mediamente i beni sono situati nel centro-nord del Paese per almeno il 90% del valore. Ma questi beni, come ad esempio le caserme militari, appartengono ai cittadini del centro-nord e del sud dell’Italia e se saranno ceduti alle regioni si deve calcolare pure il risarcimento ai meridionali.
È del tutto evidente quindi che dovrà essere previsto un congruo fondo perequativo demaniale che comprenderà anche i benefici che il nord incasserà e ha incassato con l’uso per conto degli stessi beni.
Possiamo fare decine di esempi di questo tipo, ma come calabresi ne facciamo uno per tutti: il porto di Gioia Tauro. Attuare il federalismo qui significa che le operazioni di sdoganamento della merce in arrivo al porto saranno effettuate in loco e non più a Milano o a La Spezia.
Cari amici del nord, basterebbe solo questo per ridurre lo sfruttamento morbido del Mezzogiorno di almeno cinque miliardi l’anno.
Promettiamo di ritornare ancora a illustrare altri aspetti dei decreti attuativi del federalismo che risultano favorevoli al sud. Fin d’ora però annunciamo che inviteremo tutti i parlamentari di destra, centro e sinistra ad appoggiare le nostre sacrosante e giuste rivendicazioni.

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Mag 08 2010

Osservatorio dell’8 maggio 2010

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LA GRANDE CRISI DEI PARTITI NAZIONALI, L’AVVENTO DEI PARTITI TERRITORIALI

Sono passati quasi venti anni dalla fine della prima Repubblica e dei grandi partiti del dopoguerra DC, PCI, PSI e ancora non si vedono sostituti. A sinistra le divisioni storiche fondate sulle diverse interpretazioni del marxismo sono state sostituite da spaccature funzionali a gruppi che aspirano a inserirsi nella gestione di interessi economici parcellizzati o di nuovi business derivanti dalle stantie e superficiali ambizioni ambientalistiche. A destra le spaccature si delineano sulla base di grandiinteressi economici, gestiti direttamente o per conto terzi. Tra questi due grandi filoni, oggi rappresentati da PD e PdL, si incuneano formazioni che vogliono essere interpreti di settori particolari come la chiesa, la magistratura e le forze dell’ordine – UdC-IdV – o di interessi diffusi territoriali nelle zone ricche del Paese, come la Lega Nord. Quest’ultima, che oggi preferisce chiamarsi soltanto Lega, si è ormai impadronita delle regioni più ricche del Paese e domina l’azione del Governo nazionale, dando così un colpo mortale all’ambizione maggioritaria del PdL
che, a causa di questo detonatore esterno, vive una grande lacerazione interna, che mette in seria discussione l’egemonia berlusconiana. Rimane un grande spazio territoriale a sud di Bologna che viene occupato, specialmente dopo Roma, da formazioni politiche nazionali che hanno il compito di tenere buoni i cittadini e di aiutare i governi a continuare ad assegnare al Nord il compito di produrre beni e ricchezze e al Sud di fornire risorse umane, finanziarie e mercato per le merci del Nord. È giunto però il momento di svegliarsi. La Sicilia ha cominciato. Il Movimento per l’Autonomia siciliana governa la regione più estesa d’Italia. In Calabria, Basilicata, Puglia e Campania, sulla base dei risultati alle recenti elezioni, ci sono le condizioni per fondare Movimenti per le Autonomie nelle singole regioni. Insieme si potrà realizzare un partito nazionale con al centro del programma la rinascita generale del Mezzogiorno.
Il Movimento per l’Autonomia della Calabria può partire.

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Mag 07 2010

Osservatorio del 7 maggio 2010

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E’ fattibile un partito meridionale?

Stasera il talk show  di Ilaria D’Amico su La 7 affronterà questo tema in ottica siciliana. Noi di ProCalabria a questa domanda possiamo dare una risposta positiva ma condizionata, nel senso che riteniamo importante che si affermi un partito anche nazionale con al centro del suo programma la rivalutazione del Sud.

La realtà  siciliana ha consentito, grazie all’iniziativa del presidente Raffaele Lombardo, l’affermazione di un partito MPA che ormai è divenuto una grande realtà in quell’isola. Noi però riteniamo che ci siano le condizioni perché questo accada almeno nelle regioni Calabria, Campania, Basilicata e Puglia, dove partiti che si richiamano al Sud, in occasione delle ultime regionali, hanno ottenuto il consenso di almeno il 6% dell’elettorato. Una percentuale di certo non paragonabile al 15-20% della Sicilia, ma certamente – se si prevedono più formazioni regionali, compresa la Sicilia, che hanno in comune l’obiettivo di formare insieme un partito nazionale – si può arrivare a una vera e propria Lega  capace di proporsi come una importante realtà politica italiana. E poiché si tratta di forze politiche che si collocano al centro dello schieramento, si potranno realizzare accordi che coinvolgano almeno Alleanza per l’Italia.

Quindi alla domanda della D’Amico e a queste condizioni rispondiamo si.

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Mag 06 2010

Osservatorio del 6 maggio 2010

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IL PD CALABRESE NON LO RICONOSCIAMO PIU’
 
Abbiamo fatto di tutto prima delle ultime elezioni per tentare di unire le varie anime conviventi nel Partito Democratico calabrese e in questo tentativo noi di ProCalabria, pur consapevoli della possibile vittoria della destra, abbiamo impegnato molte energie per sollevare le sorti del centro sinistra.
Ridotto al lumicino il socialismo democratico e scomparse le ideologie, i “capi” del PD ancora pensano con il cervello di 30 anni fa. Ma a chi volete che importi se un deputato o un ex presidente del consiglio si autosospende dal partito o dal gruppo consiliare? Sono quelli che pur di avere il successo elettorale personale impediscono le candidature di persone più popolari di loro.
Si inventano frazionismi senza senso e si parla sempre di fatti interni. Fuori dalla finestra c’è la vita normale e loro parlano d’altro. Sveglia! Il consenso non è più automatico; va conquistato con l’esempio e il lavoro per gli altri. I partiti democratici del centro sinistra, dopo l’autocritica devono darsi un piano serio di rilancio che raccolga i messaggi e i valori fondanti di una società moderna.
Caro PD qual è il tuo progetto per la Calabria? Quando l’avrai, saremo lieti di aggiungere qualcosa anche noi. Se ciò non è, i calabresi saranno sempre al rimorchio di interessi particolari che trovano rifugio nei partiti populisti di sinistra e di destra. È quello che i cittadini seri non vogliono.
 
 LA GRECIA È VICINA
 
Siamo profondamente turbati e solidali con le famiglie dei tre lavoratori bancari greci che sono stati uccisi da manifestanti violenti, infiltrati nei cortei di protesta pacifica dei cittadini di Atene. Queste morti a noi calabresi ci toccano da vicino per tanti motivi. Sono nostri fratelli anche di sangue ma soprattutto sono fratelli nella tragedia della crisi economica che colpisce loro anche per gravi responsabilità della classe dirigente. Tutto come da noi.
Ma la Grecia oggi e un simbolo negativo per l’Europa, che ancora non è né carne né pesce. Non se ne cura di un paese che produce 80 e consuma 100, per il semplice motivo che non c’è uno straccio di direzione politica istituzionale europea. Il quasi fallimento della Grecia può verificarsi solo per questo.
La Calabria, pur producendo 70 e consumando 100, non può fallire perché fa parte di uno stato unitario. Da questi accenni ne derivano due insegnamenti: la crisi greca deve indurre i paesi leader europei a rinunciare ai propri egoismi e “mollare” via via la propria sovranità a favore di un “governo” politico del Continente. Altrimenti, nell’economia globalizzata, possono essere travolti anche i paesi più forti.
Il secondo più modesto insegnamento è per i meridionali. Non possiamo continuare a vivere assistiti. Il tempo è scaduto. Dobbiamo affrontare sacrifici anche ideali e abbandonare tabù fuori del tempo in termini di contratti di lavoro, rinunciare al superfluo, ricordando a noi stessi che nel giro di pochi anni dobbiamo produrre 100 per poter consumare altrettanto. Sono almeno 10 anni che diciamo queste cose e ci soffermeremo ancora.

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Mag 05 2010

Osservatorio del 5 maggio 2010

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 MASSIMO TU QUOQUE

I telespettatori di Ballarò del 4 maggio hanno assistito a un duro scontro inusuale tra il condirettore del Giornale Alessandro Sallusti e nientemeno che Massimo D’Alema. Diciamo subito che il becero attacco del giornalista è stato del tutto strumentale ma il presidente D’Alema ha sbagliato clamorosamente il tipo di risposta.

Il giornalista si era permesso di paragonare la vicenda dell’affitto di un appartamento di ente pubblico a equo canone, che D’Alema occupava dagli anni settanta, con la vicenda Scajola che “inconsapevolmente” avrebbe ricevuto in dono da una impresa di costruzioni di fiducia dello stesso ministro un appartamento al Colosseo. A questa grave provocazione il Nostro avrebbe dovuto rispondere con un sorriso di sufficienza beffarda, così come egli usa fare, e come si conviene a un grande politico.

La delusione nostra e dei telespettatori è stata grande di fronte alla sua scomposta reazione: “vada a farsi fottere”, “bugiardo e mascalzone”; queste le espressioni colorite uscite dalla bocca di un D’Alema scosso e sorpreso. Siamo certi che egli ancora vale molto di più di quanto ha mostrato in tv. Ma santo iddio, possibile che anche lui, il più intelligente dei politici, il leader maximo, abbia imboccato il viale del tramonto?

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Mag 04 2010

Osservatorio del 4 maggio 2010

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SCAJOLA SI È DIMESSO, BERLUSCONI FORTUNATO

 Nel momento più grave della crisi economica mondiale, l’Italia si trova con un Governo ed una maggioranza politica allo sbando. Il ministro Scajola si è dimesso mentre la Camera dei deputati si appresta a discutere un decreto del suo ministero recante: “Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali”.

Il partito di Berlusconi subisce un attacco senza precedenti dal suo interno tanto da indurre a pensare che le fratture siano definitive. Il destino della legislatura è appeso a un filo, i più ottimisti parlano di elezioni nella primavera 2011 se non prima.

L‘implosione del PdL e lo scandalo degli appalti del G8 sono strettamente legati. La maggioranza deve ringraziare la lentezza della nostra giustizia se lo scandalo degli appalti non ha influito più di tanto sulle elezioni regionali.

Ora il timore del capo del Governo è di una crisi a catena che può rafforzare il suo competitore interno, cioè Fini. È forse per questo che ha imposto le dimissioni a Scajola (ancora non indagato) mentre ha respinto le dimissioni di Bertolaso (indagato). Anzi ha usato quest’ultimo come eroe perseguitato dalla cattiva giustizia al fine di ottenere buoni risultati elettorali. Oggi non se lo potrebbe più permettere. Con il passare del tempo le indagini si fanno più stringenti e potrebbero puntare al cuore del potere governativo: Palazzo Chigi.

Il timore che gli arrestati parlino è molto diffuso tra i banchi della maggioranza: proprio per questo forse l’intero Governo, in un primo tempo, ha giustificato Scajola. La difesa di Bertolaso e Scajola costituiva l’unica via per dare assicurazioni a coloro che avevano subito la restrizione della libertà. Dopo le dimissioni di Scajola le cose non sono più come prima.

Molti sono convinti che se le elezioni regionali si fossero svolte a maggio 2010 ci sarebbero stati risultati ben diversi. Siamo stati sfortunati e questo turno l’ha vinto ancora Berlusconi. Speriamo nel futuro.

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Mag 03 2010

Misiti contro de Magistris

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Ancora una volta il deputato europeo Luigi de Magistris ha perso l’occasione di tacere sul Presidente della Repubblica. Verrebbe in mente di dire: ci è o ci fa? Si suppone che un ex pubblico ministero conosca bene la Costituzione italiana, invece insiste su concetti del tutto estranei alla Carta. Ma come si può affermare che Napolitano non sia un Presidente di garanzia?
De Magistris in una intervista a “Pocket” critica una improbabile frase di Napolitano riportata dalla stampa.
L’articolo 74 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione”. Secondo il collega de Magistris il Presidente Napolitano dovrebbe respingere quasi tutte le le leggi con la motivazione che il messaggio alle Camere ha un grande valore anche mediatico.
Cioè il Presidente da super partes dovrebbe trasformarsi in uomo politico.
Si stenta a credere che un politico così inesperto come l’europarlamentare possa essere frutto di generazioni di magistrati.

Aurelio Misiti, parlamentare

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Mag 03 2010

Osservatorio del 3 maggio 2010

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GLI AVVENIMENTI POLITICI DI OGGI IN ITALIA: LA NOVITA’ SICILIA

 Se ci domandassimo qual è l’avvenimento politico più importante degli ultimi tre giorni, dovremmo decidere su almeno quattro titoli: i guai del ministro Scajola, la battaglia fratricida tra gli ex di Alleanza Nazionale, il gesto di orgoglio del segretario Bersani ad Anno Zero, il “ribaltone” di Lombardo in Sicilia. Noi scegliamo quest’ultimo.

Il governatore Raffaele Lombardo, nonostante gli attacchi espliciti e non del Cavaliere, sta caparbiamente percorrendo la nuova via che può essere contagiosa specialmente nelle regioni del Mezzogiorno. L’azione di Lombardo è stata a lungo da tutti sottovalutata, sino al voto sulla finanziaria regionale dell’altro giorno. Quel voto ha determinato di fatto la nascita di una nuova maggioranza politica in Sicilia che comprende il Partito Democratico, il quale dall’esterno dell’Esecutivo si è fatto carico dei gravi problemi della regione più estesa d’Italia, depauperata, come il resto del Sud, delle risorse proprie per aiutare regioni ben più ricche del Nord.

È la crisi spaventosa economica e sociale del Sud che ha determinato la nuova situazione politica siciliana e non gli intrighi di palazzo, come vorrebbero far credere gli uomini del presidente del Consiglio. Hanno avuto certo la loro importanza i continui attacchi del centrodestra al Movimento per l’Autonomia di Lombardo, a cui il PdL ha sottratto quattro deputati e un sottosegretario, come pure l’iniziativa parlamentare di limitare i poteri del governatore siciliano.

Sta di fatto però che Lombardo e dirigenti siciliani del PD come Lumia e Cracolici hanno avuto il coraggio di avviare un percorso innovativo della politica siciliana, che potrebbe essere imitato non solo al Sud ma anche a Roma, vista la bramosia di potere che sempre più dimostrano il PdL ufficiale e soprattutto la Lega nord. A proposito, Bossi non solo non farà il tifo per la nazionale in Sud Africa, ma non parteciperà nemmeno alla festa per l’Unità d’Italia.

 LA SFORTUNA DI OBAMA

 Alla crisi economica mondiale provocata dagli intriganti boss di Wall Street, all’eredità guerrigliera di Bush, altri guai si sono aggiunti nei giorni scorsi per il presidente americano: la nuova minaccia terroristica nel cuore dell’America e la sciagura terribile del Golfo del Messico con la rottura della piattaforma petrolifera della BP.

Come avvenne per l’uragano Katrina, la grande potenza americana che ha lasciato sempre alle multinazionali private di garantire la sicurezza dei cittadini, è risultata impreparata. Non si può affidare però la sicurezza mondiale alle grandi compagnie internazionali private.

L’era dei pozzi sottomarini andava affrontata con tutte le garanzie previdenziali, e invece oggi ascoltiamo la BP dire: non sappiamo che fare.

È chiaro ormai a tutti che prevenire queste sciagure è possibile se ad essere protagonisti saranno gli Stati che devono avere a cuore la sicurezza dei popoli. Con gli idrocarburi i privati forniscono energia senza controlli pubblici, e questo può avere effetti deleteri sulla nostra salute.

È tempo di pensare seriamente al superamento del motore a scoppio e di guardare con più attenzione all’energia del nucleo atomico, che è infinitamente più grande e, se garantita dalle tecnologie più avanzate, può diventare l’unica energia veramente pulita, il cui costo sarà alla portata anche dei paesi poveri, che si potrebbero affrancare così dalla schiavitù delle multinazionali.

Oggi la sicurezza dell’energia atomica è gestita dagli Stati attraverso organismi sovranazionali. Quella dell’energia petrolifera è tutta nelle mani delle grandi sorelle, inquinatrici del mondo.

L’Alaska, l’Australia ed ora il Golfo del Messico insegnano all’umanità che nessun abitante del pianeta è al sicuro finché si continuerà così.

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Mag 01 2010

Dopo Locri, Rosarno: il primo maggio si sposta in Calabria

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La delegazione dell’associazione politico-culturale ProCalabria, guidata dall’on. Aurelio Misiti del Gruppo misto della Camera, ha partecipato alla manifestazione del primo maggio a Rosarno, dove Epifani, Bonanni e Angeletti hanno tenuto il comizio principale della festa dei lavoratori così come è stato nel 2006, dopo l’assassinio di Francesco Fortugno.

Nei giorni scorsi abbiamo messo in guardia i dirigenti sindacali sul possibile significato negativo che avrebbe potuto assumere una siffatta manifestazione se fosse stata vista soltanto come un’azione simbolica riparatrice degli incresciosi avvenimenti verificatisi  nel gennaio scorso.

Il primo maggio a Rosarno di Cgil, Cisl e Uil non ha corso questo rischio ed ha acquistato invece un significato simbolico ma anche di proposta verso il Governo del Paese.  Epifani infatti ha chiesto con forza un piano per l’occupazione, mentre Bonanni e Angeletti hanno trattato altre importanti questioni.

Vanno fatte però due riflessioni: la prima riguarda il tipo di partecipazione. Abbiamo notato l’assenza dei lavoratori e disoccupati della Piana mentre hanno prevalso le presenze di delegazioni sindacali e associative. La seconda riflessione, legata alla prima, riguarda i contenuti dei discorsi del sindacato. A noi è sembrato infatti che in quei discorsi ci fosse una evidente carenza di proposte relative allo sviluppo del Mezzogiorno. Come ci può essere infatti un piano occupazionale se non si hanno concrete indicazioni sul come, cosa, dove questi lavoratori dovrebbero essere occupati? In quali settori: i servizi, il terziario, la nuova economia, la logistica, le attività portuali? Eppure la manifestazione si è tenuta a piazza Valarioti di Rosarno, cioè a meno di dieci chilometri dal più grande porto di transhipment del Mediterraneo, che vive gli effetti dirompenti della crisi economica mondiale.

Più in generale c’è da domandarsi se i partiti nazionali, di centrosinistra e di centrodestra, i sindacati, hanno elaborato proposte credibili per il Mezzogiorno, per la Calabria e per la piana di Gioia Tauro. A nostro parere non si sono evidenziate soluzioni dei problemi per le abitazioni civili per gli immigrati e per i lavoratori italiani senza tetto; non ci sono proposte di come in agricoltura si possano risolvere i problemi dei piccoli proprietari della terra, i quali sono le prime vittime della crisi economica generale e anche della situazione di illegalità che imperversa nel nostro territorio.

Le forze dell’ordine e la magistratura, proprio in questa ultima settimana, hanno svolto compiti assolutamente importanti e significativi, arrestando decine di piccoli, medi e grossi personaggi legati alle cosche. Ma evidentemente l’illegalità diffusa ha radici profonde e anche su questo è necessaria un’azione coordinata delle forze sociali e delle forze politiche meridionali per smantellare definitivamente il malaffare.

È con questo spirito e con queste riflessioni che ProCalabria inviterà tutti gli amici nel Parlamento e nei governi, ad ogni livello, nei sindacati, nei partiti e nelle associazioni, a lavorare per la fine dell’assistenzialismo e per l’avvio di una nuova fase i cui protagonisti non possono che essere i giovani calabresi, gli amministratori locali, gli intellettuali, i ricercatori delle nostre università, i quali vanno sostenuti per rimanere e per attirare con le loro “gesta” anche quei cervelli che hanno lasciato il nostro territorio.

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